Giustizia climatica e comunità: le battaglie di A Sud, nostro partner

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28 Novembre 2025

Fondatrice e presidente di “A Sud”, Laura Greco racconta il legame tra diritti umani e ambiente, le sfide della povertà energetica e perché scegliere una cooperativa energetica è un atto politico.

“Le parole giuste” è il Festival di giornalismo d’inchiesta ambientale promosso da A Sud, partner di ènostra

C’è una consapevolezza amara, ma necessaria che accompagna il ritorno dai grandi vertici internazionali. Laura Greco è appena rientrata dal Brasile, un viaggio che definisce un vero e proprio “tour de force”, non per il fuso orario, quanto per l’intensità del lavoro svolto e per le riflessioni che ne sono scaturite.

Le aspettative sui risultati della COP e degli eventi globali sul clima erano basse e questo pessimismo non è stato smentito dai fatti: l’economia globale è ancora pesantemente ancorata ai combustibili fossili. Tuttavia, è proprio in questo scarto tra le decisioni dei grandi e la vita delle persone che opera “A Sud”.

Laura, partiamo dalle origini. Cosa è “A Sud”, come nasce e come si è evoluta fino a diventare la realtà che conosciamo oggi?

“A Sud” è un’organizzazione indipendente nata nel 2003, frutto di un incontro e di un’intuizione che ha radici lontane, precisamente in Ecuador. L’idea iniziale era quella di creare un osservatorio critico sulle attività delle multinazionali fossili italiane all’estero. Da quel nucleo originario è nato l’Osservatorio Eni che ancora oggi rappresenta uno dei nostri progetti più longevi e significativi per il monitoraggio delle politiche energetiche.

Tuttavia “A Sud” non si è fermata alla denuncia: negli anni abbiamo capito che diritti umani e diritti ambientali sono due facce della stessa medaglia. Abbiamo strutturato il nostro lavoro sulla cooperazione internazionale dal basso, stringendo relazioni fortissime con le comunità indigene e rurali in Paesi come Colombia, Ecuador e Bolivia. Da loro abbiamo imparato cosa significa vivere in armonia con la natura e l’importanza di inserire i diritti della Terra nelle costituzioni, esperienze che abbiamo portato anche nei nostri progetti italiani. Oggi, oltre all’attivismo sul campo, gestiamo il CDCA (Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali), nato nel 2006 per mappare le ingiustizie ambientali nel mondo, e il progetto editoriale economiacircolare.com che è nato per raccontare le buone pratiche di un’economia diversa ed è un portale che poi si è evoluto in un magazine oggi autonomo, diventato punto di riferimento sull’Economia Circolare in Italia.

Come si innesta la questione energetica con le vostre battaglie per la giustizia sociale?

La nostra bussola punta decisamente verso la giustizia climatica e il lavoro sui territori. Non basta più denunciare ciò che non va, ma dobbiamo attivare le comunità e costruire modelli alternativi qui e ora. La priorità è una transizione giusta che garantisca un accesso democratico ed equo all’energia, considerandola un bene comune e non una merce.

Un esempio concreto e complesso è quello della Comunità Energetica di Torpignattara che abbiamo chiamato “CERtosa (traendo ispirazione dal nome della zona “Certosa”, ndr)”. Siamo soci fondatori di questa CER che però si scontra con la dura realtà economica: mancano i fondi per l’acquisto dei pannelli. Parliamo di un quartiere caratterizzato da vulnerabilità socioeconomica e da una forte presenza di cittadini stranieri e sarebbe difficilissimo chiedere alle famiglie di contribuire con propri mezzi economici. Stiamo cercando finanziamenti europei perché crediamo che la risposta alla crisi climatica debba partire proprio dalle zone a forte incidenza di povertà energetica, trasformando i cittadini da consumatori passivi a protagonisti della transizione.

Come mai, “A Sud” ha scelto di essere socia e in fornitura con ènostra?

 “A Sud” è socia di ènostra perché crediamo che la transizione energetica debba avvenire attraverso un approccio cooperativo, mutualistico e solidale. Non si tratta solo di acquistare “elettroni verdi”: il mercato è pieno di offerte che, però, non mettono in discussione il modello di profitto sottostante o i diritti dei lavoratori nella filiera.

ènostra incarna i principi che riteniamo fondamentali: mette le persone, le comunità e i diritti al centro. Ad esempio, il lavoro di “dialogo sociale” che la cooperativa svolge è un valore aggiunto enorme, spesso invisibile e non ripagato dalle logiche di mercato, ma fa la differenza sostanziale.

Spesso si parla di disillusione e individualismo. Come e perché bisognerebbe ragionare in termini di comunità nella lotta al cambiamento climatico?

Anche se agire da soli, magari attraverso una “militanza virtuale” e aderendo a campagne social, può portare a qualche risultato, alla lunga questo tipo di attività stanca e non è sufficiente a generare un cambiamento strutturale. In questo quadro, quindi, l’attività di sensibilizzazione non basta: bisogna fornire strumenti concreti di attivazione.

Un esempio potente come “A Sud” l’abbiamo vissuto attraverso progetti di citizen science: quando i cittadini iniziano a monitorare concretamente l’inquinamento dell’aria o dell’acqua nel proprio quartiere, acquisiscono consapevolezza e diventano protagonisti.

Tornando alle CER, si tratta di strumenti rivoluzionari proprio per questo: spingono le persone ad attivarsi non solo per il proprio tornaconto, ma a beneficio della collettività. Certo, c’è chi ci si avvicina solo per il risparmio in bolletta — ed è una contraddizione con la quale dobbiamo fare i conti — ma il nostro compito è accompagnare queste persone in un percorso culturale, trasformando l’interesse individuale in benessere collettivo. È un processo politico nel senso più nobile del termine.