Conclusa la COP26: il gigante ha partorito un topolino
;Sabato è stato firmato il documento finale della COP26, la conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici, che ha lasciato insoddisfatti molti, in particolare i giovani, le associazioni ambientaliste e di difesa dei diritti umani. Ascoltiamo le loro voci.
Si è appena conclusa la COP26 di Glasgow e gli echi del documento (Patto sul clima di Glasgow) firmato dagli oltre 200 Paesi presenti non si placano. Un accordo è stato fatto ma è un accordo a metà, o forse anche sotto la metà, tanto che Alok Sharma, il politico inglese di origine indiane presidente della COP26, lo ha annunciato esordendo con un “Sono profondamente dispiaciuto”.
Tra le questioni più importanti dell’accordo quella dei Nationally Determined Contributions (NDC) per la neutralità carbonica, cioè gli impegni presi dai singoli paesi per arrivare a una neutralità delle emissioni di gas serra, ha visto la promessa di tutti i paesi a rafforzare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni da qui al 2030 e a rivederli ogni anno, anziché ogni cinque anni, con l’obiettivo di mantenere il riscaldamento entro 1,5 gradi per fine secolo.
Purtroppo gli impegni (NDC) dei singoli stati presentati fino a oggi non sono sufficienti e secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, porteranno a un probabile riscaldamento a fine secolo di +2,7 °C. Sempre secondo l’Agenzia dell’ONU, gli NDC presentati a prevedono un aumento del 14% delle emissioni di CO2, quando dovrebbe esserci una diminuzione del 45%.
Tra i principali passi avanti a Glasgow c’è la menzione nel documento finale di porre fine sovvenzioni a favore del ‘carbone’ e delle ‘energie fossili’ che era assente dall’Accordo di Parigi, ma con un impegno graduale, in base alle richieste di India e Cina. Nel Patto si auspica inoltre la neutralità delle emissioni di CO2 per gli impianti a carbone che viene auspicata per ‘metà secolo’ (significa tra il 2040 e il 2070, a seconda dei paesi) si rimandano così gli sforzi a dopo il 2030.
Le diverse associazioni ambientaliste e di difesa dei diritti umani sono molto critiche con quanto siglato in Scozia lo scorso sabato. Per alcune di loro è comunque un punto di partenza importante, mentre per altre l’accordo va contro le aspettative dei giovani e, più in generale, dell’intera umanità.
Amnesty International è tra le più dure. “Dopo due settimane di negoziati – ha detto Agnès Callamard, segretaria di Amnesty International – la conferenza sul clima Cop26 si è risolta in un tradimento catastrofico nei confronti dell’umanità. Non ha prodotto un risultato in grado di proteggere il pianeta e le persone che lo abitano e ha tradito le fondamenta su cui sono state edificate le Nazioni Unite. I negoziati si sono conclusi con decisioni che ignorano, demoliscono o barattano i nostri diritti, soprattutto quelli delle comunità più marginalizzate al mondo, trattate come danni collaterali sopportabili. Il mancato impegno a mantenere l’aumento della temperatura globale entro un grado e mezzo condannerà oltre mezzo miliardo di persone, soprattutto nel Sud del mondo, a contare su insufficienti quantità di acqua e centinaia di milioni di persone a temperature estreme”.
Il WWF ha diffuso una nota che evidenzia come non si siano raggiunti i risultati sperati, ma che la direzione è quella giusta. “Siamo venuti a Glasgow aspettandoci dai leader globali un accordo che prevedesse un cambio di passo nella velocità e nella portata dell’azione climatica. – afferma il WWF nella sua nota – Anche se questo cambio di passo non è arrivato, e il testo concordato sia lontano dalla perfezione, ci stiamo muovendo nella giusta direzione. La COP26 si è conclusa con decisioni deboli in una serie di aree importanti, tra cui l’adattamento, il cosiddetto Loss and Damage (perdite e danni) e la finanza climatica. Occorre però riconoscere che nel testo ci sono degli appigli significativi che i paesi possono sfruttare per aumentare le proprie ambizioni climatiche a breve termine e per implementare politiche climatiche vincolanti. Questa COP per la prima volta menziona i sussidi ai combustibili fossili in un testo finale approvato. Questo è un elemento importante, così come il riconoscimento della necessità di accelerare gli investimenti in energia pulita, garantendo allo stesso tempo una giusta transizione”.
Anche Legambiente è molto critica con gli esiti finali della COP26, anche se individua qualche spiraglio. “L’Accordo di Glasgow è inadeguato a fronteggiare l’emergenza climatica soprattutto per le comunità più vulnerabili dei paesi poveri – ha spiegato Stefano Ciafani Presidente di Legambiente – ma si mantiene ancora vivo l’obiettivo di 1.5°C. Tra i punti dolenti c’è la questione cruciale dell’abbandono dei combustibili fossili affrontata in maniera inadeguata, anche se la loro strada è ormai segnata. E il fatto che non sia stato fatto nessun passo in avanti sulla creazione del fondo Loss and Damage Facility per aiutare i paesi poveri a fronteggiare la crisi climatica, e sui cui a Glasgow è mancato un forte impegno da parte dell’Europa. Per fronteggiare la crisi climatica e per centrare l’obiettivo di 1.5°C è fondamentale che tutti i paesi più avanzati, a partire dall’Italia, aumentino al più presto i propri impegni di riduzione delle emissioni climalteranti e garantiscano un adeguato sostegno finanziario all’azione climatica dei paesi più poveri”.
Greenpeace vede i tempi per agire restringersi sempre più. “L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. – così è intervenuta Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International – Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro? Il vertice di Glasgow avrebbe dovuto impegnare i governi a ridurre le emissioni di gas serra per restare al di sotto di 1,5°C, ma non è andata così e nel 2022 dovranno tornare al tavolo dei negoziati con obiettivi più ambiziosi. Tutto quello che siamo riusciti a ottenere è stato solo grazie ai giovani, ai leader indigeni, agli attivisti e ai Paesi più esposti agli impatti della crisi climatica, che hanno strappato qualche impegno concesso a malincuore. Senza di loro, questi negoziati sarebbero stati un completo fallimento”.
Per altri aggiornamenti e testimonianze sui risultati della COP26 ascolta la puntata di mercoledì 17 novembre della trasmissione di Radio Popolare “Il giusto clima”, condotta da Gianluca Ruggieri, Vicepresidente di ènostra.