Il fronte fossile blocca i negoziati ONU sulla plastica
;I dati sulla pericolosità della plastica per la salute umana e gli ecosistemi sono sempre più gravi, ma i negoziati ONU a Ginevra per limitare la sua produzione sono falliti a causa dei petrostati

“Non ci sono dubbi, il negoziato è stato un fallimento totale”, ha dichiarato David Azoulay, direttore del programma di salute ambientale del Center for International Environmental Law: “Alcuni paesi non sono venuti qui per finalizzare un testo, ma per fare l’opposto, ovvero bloccare qualsiasi tentativo di promuovere un trattato valido”.
A Ginevra dal 5 al 15 agosto si è tenuta la seconda parte della quinta sessione (INC-5.2) del Comitato ONU di negoziazione per un trattato globale sulla plastica con la grande ambizione di imporre un obbligo di riduzione della produzione di plastica e un divieto delle sostanze chimiche pericolose.
In dieci giorni non è stato fatto nessun passo avanti a causa del ristretto gruppo di paesi petrolchimici guidati dall’Arabia Saudita, tra cui Iran, Iraq, India, Malaysia e Russia, che si oppongono a qualsiasi forma di provvedimento vincolante. Gli USA hanno presenziato al negoziato avvicinandosi a questo gruppo.
A remare contro in realtà è una minoranza, perché come ha fatto notare l’Environmental Justice Foundation la maggioranza dei paesi è d’accordo con molte delle proposte di regolamentazione contro l’inquinamento da plastica: 89 paesi sono favorevoli all’imposizione di un limite alla produzione di plastica, 120 sono d’accordo con l’introduzione di controlli sulle sostanze chimiche pericolose e 130 vogliono inserire un articolo per la tutela della salute umana.
Tra i circa 100 stati della High Ambition Coalition ci sono Rwanda e Norvegia alla guida, UE e molte altre nazioni africane. Togliendo alcuni attori con posizioni ambigue e intermedie come Cina e Brasile, l’opposizione è rappresentata quindi da 20-25 paesi produttori di petrolio.
La plastica è una minaccia per la salute umana
La preoccupazione dei paesi della High Ambition Coalition è giustificata da studi sempre più inquietanti. Basti pensare alla ricerca pubblicata da The Lancet proprio qualche giorno prima dell’inizio dei negoziati, secondo la quale la plastica è “un pericolo grave, crescente e sottovalutato” ed è responsabile di almeno 1,5 trilioni di dollari all’anno di danni legati alla salute.
Negli ultimi anni gli studi a riguardo sono innumerevoli e attestano una pervasività della plastica inaspettata, dai rischi gravi e in parte sconosciuti sul corpo degli esseri umani: gli scienziati l’hanno trovata nel cervello, nel fegato, nei reni, nel sangue, nelle articolazioni.
Non è, come si pensava fino a poco tempo fa, un problema che riguarda “solo” gli ecosistemi, non è solo lo scempio di quell’isola di plastica di centinaia di chilometri nell’Atlantico (che ormai ha anche un nome, il North Atlantic Garbage Patch).
La plastica è stata trovata nella placenta e nel latte materno e starebbe contribuendo alla disfunzione placentare, all’atrofia ovarica, all’iperplasia endometriale e alla fibrosi. Microplastiche sono state rintracciate anche nei testicoli e starebbero riducendo il numero di spermatozoi negli uomini, infiammando i tessuti e influenzando la fertilità.
Dalla cima dell’Everest alle profondità marine, è ovunque.
E in realtà non dovrebbe stupire, visto che la sua produzione è aumentata di oltre 200 volte dal 1950 ad oggi ed è destinata a triplicarsi nuovamente fino a superare il miliardo di tonnellate all’anno entro il 2060.
L’unico modo per affrontare la crisi della plastica è ridurre la sua produzione, visto che solo il 9,5% della plastica nel mondo viene riciclato.
Paradossalmente l’aumento più forte della produzione di plastica si è verificato per quegli utilizzi che più di ogni altro potrebbero essere evitati: la plastica monouso, bottiglie e contenitori. Tutto a beneficio esclusivo delle tasche dei produttori – compresi quei paesi produttori di petrolio (a partire dal quale si ricava la plastica) che remano contro un trattato globale – e a danno del pianeta, dell’ambiente e delle persone.
I prossimi passi dei negoziati
“Ora dobbiamo valutare le nostre opzioni per il futuro, ma sia chiaro: la High Ambition Coalition rimane ferma nel suo impegno a porre termine all’inquinamento da plastica e a mettere in atto un trattato efficace a tal fine il prima possibile”, ha affermato durante l’ultima plenaria Andreas Bjelland Eriksen, ministro del clima e dell’ambiente della Norvegia.
I paesi ambiziosi e la società civile concordano però sul fatto che sia meglio non aver ancora firmato alcun trattato piuttosto che averne sottoscritto uno debole, visto che è fondamentale che esso includa l’imposizione di un vincolo sulla produzione e il divieto di sostanze chimiche tossiche.
Quali sono i prossimi passi? La sessione è stata rimandata a una nuova data e in un nuovo luogo non precisati. Potrebbe esserci un’ulteriore sessione prorogata, una INC-5.3, ma siamo ancora ben lontani dalla meta dell’accordo.